Andiamo a incominciare

Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.

domenica 19 febbraio 2012

KOS – 3


Michele cercò di dormire ancora un po’, era troppo presto e solo una debole luce filtrava dalla gelosia. L’aveva vista vestirsi, rapidamente, e non si era sentito di dirle neanche “Ciao”. Questo andarsene furtiva l’aveva un po’ irritato, e che maniere! Si sentiva, e non era la prima volta, abbandonato, ed era come al solito sensazione molto dolorosa. In fin dei conti non aveva mica fatto qualcosa di male. Certo che le donne sono proprio strane.
Un altro po’ di sonno gli avrebbe fatto bene, quel giorno iniziava il turno alle due. Ma si girava continuamente, strizzando gli occhi per volersi riaddormentare a tutti i costi, e non riusciva neanche a trovare una posizione comoda.
Vabbè, stamattina è così, mi farò la colazione. Tanto per fare qualcosa.
Intanto che faceva i soliti movimenti, da anni sempre gli stessi, non riusciva a staccarsi dalla testa il volto di quella donna. Pensò alla notte appena finita: non era stato poi così male. Gli sarebbe piaciuto un secondo round ma chissà, magari non aveva neanche ottenuto un buon voto…...
Ricacciò indietro quel pensiero. In fin dei conti sono come sono, non mi posso mica cambiare. Se Achiropìta cercava gli ardori di un giovanotto ha sbagliato di brutto i suoi conti.
Lui invece era rimasto contento, come quando resti con un buon sapore in bocca, e proprio per questo la paura di non vederla più lo pungeva più forte.
Cominciò a riflettere con la tazza in mano, se doveva cercarla lui o se invece avesse dovuto aspettare che fosse lei a fare il primo passo. Non era una decisione semplice da prendere. Quando bevve un sorso di caffelatte freddo capì che i minuti erano passati. Inutilmente. Non voleva sembrare in preda a una cotta come un ragazzino, si sarebbe trovato in una posizione di inferiorità, ma, ovviamente, non voleva rischiare di perdere questa occasione, che aveva tanto il sapore di una delle ultime. Non sapeva quasi niente di lei ma questo gliela faceva sentire vicina proprio come se avesse sempre saputo tutto.
Chissà come avrebbe potuto cambiare la sua vita vicino a lei; magari un ristorantino, quello che lui aveva sempre sognato, subito dietro la spiaggia di un’isola, Itaca, per esempio. Una specie di rifugio per due, ma sempre aperto a tutti, dove il pesce sarebbe passato dalla barca alla cucina nel breve volgere di un attimo. Lui in cucina e lei in sala. E qualche tavolo, non più di cinque, sotto la vite, per poter mangiare tranquillamente guardando il mare, lo stesso che Ulisse aveva solcato. E ovviamente il bello di condividere un lavoro che piaceva a entrambi.
Ma la realtà è un’altra cosa, e Michele annuiva e inseguiva puerilmente questi sogni, sempre con la tazza in mano.
Avrebbe visto la posta elettronica, suo canale preferenziale di comunicazione col mondo.
Intanto che scorreva l’elenco delle mail, decidendo seduta stante chi leggere e chi no, gli venne in mente che poteva chiedere un consiglio ad Adriano, il suo amico del cuore.
Si conoscevano da sempre e, anche se ultimamente non si vedevano poi tanto spesso, a motivo dei lavori che facevano, c’era fra loro una profonda sintonia, derivata non solo dal fatto di conoscersi da più di quaranta anni ma soprattutto dal fatto di avere condiviso cose tristi della vita, o perlomeno di averci provato. Forse condividere le cose spiacevoli non ne diminuisce la portata ma comunque aiuta a non sentirsi il centro dell’universo del dolore. Avevano convinzioni religiose del tutto diverse ma questo non impediva certo di parlarne. La scuola che avevano frequentato insieme almeno questo gli aveva insegnato, che non ci sono cose di cui non puoi parlare con un amico. Oltre a un certo piacere della cultura, talvolta fine a sé stesso. Adriano aveva un figlio, ancora al liceo, e viveva semplicemente e unicamente per lui, cercando con tutte le sue forze di non metterlo mai in mezzo ai problemi che aveva con la sua ex moglie. E di questo il ragazzo, Michele l’aveva ben realizzato, gli era profondamente grato. La casa di Adriano e della nonna era per lui un porto sicuro.
Questa è la mail di Michele ad Adriano:
“Carissimo,
ti scrivo dalla mia stanzetta del resort dell’isola di Kos, dove già sai che lavoro, con un contratto formalmente a tempo indeterminato ma per me a tempo determinato, anche se non so per quanto tempo: forse fino a quando non cambierà la direzione del vento. Spero che il tuo lavoro nel grattacielo vada bene. Qui, dopo tanta fatica per diventare capopartita, è già solo routine. Diceva giustamente mio nonno che se non sai che cosa vuoi veramente non riuscirai mai ad essere felice. Il mio problema è che voglio tante cose, forse troppe, e tutte subito e tutte insieme. E’ la mia nemesi.
Ti partecipo infatti che ne ho combinata un’altra delle mie.
Qui nel resort ho trovato una donna, forse sarebbe meglio dire una leonessa con una criniera nera, che mi ha fatto, di nuovo, uscire pazzo. Trattasi di donna, la cui età non ho ancora ben capito, e che non ho ancora chiesto, che a momenti vedo come un cucciolo bisognoso soltanto di essere tenuto appoggiato sul cuore, a momenti vedo come un’aquila, che ha bisogno invece di volare nello spazio infinito, libera e sola con sé stessa. E quando la vedo come un’aquila non so come avvicinarmi a lei, perché non sono capace a volare.
Ha la sventura di lavare le stoviglie in cucina, qui da noi, ma non si sente per nulla umiliata dal lavoro che fa. Dopo un primo approccio, timidissimo, da parte di entrambi direi, siamo usciti insieme iersera e ti dico, con la migliore franchezza di cui sono capace, che ho passato la sera più dolce da tanti anni a questa parte.
Sarà stato il posto, sarà stata la stagione, meravigliosa in questo momento, saranno state le ombre della sera, sarà stata una combinazione astrale ma mi sentivo appoggiato sopra una nuvoletta, mentre parlavo con lei. Ti ricorderai bene “Ille mi par esse deo videtur…”: ho passato la vita a cercare di ricreare quell’attimo che racconta Saffo, e ogni volta che ho immaginato di esserci vicino mi sono preso la solita trambata, come sai bene.
Abbiamo passato la notte insieme e non abbiamo dormito molto. Da tempo, vorrei dire immemorabile (anche se non è vero perché ricordo tutto e tutte) non ero così felice.
Stamattina l’aquila ha preso il volo, come una gazza, scappando senza neanche lasciarmi una carezza per incominciare la giornata, e lasciandomi perciò un certo amaro in bocca, come se mi avesse detto che si era pentita. E dire che io ci avevo messo sopra il cuore, perché sai bene che io mi butto a capofitto in questo genere di attività.
E adesso? Dimmelo tu che debbo fare, perché sono qui come l’asino di Buridano, con la tazza del caffelatte in mano. Il mio istinto, che sbaglia quasi sempre, mi suggerisce di andarla a cercare subito e di prendermela in braccio, anche davanti a tutti, perché no, e di coprirla di baci. Ma mi terrorizza l’idea che possa anche solo guardarmi di traverso.
E se facessi finta di niente? In fin dei conti una notte passata insieme non è molto. O no?
Ti prego, dimmi qualcosa, anche solo che mi capisci, perché io non mi sono mai ben capito.
Dai un bacio al ragazzo”.
miche

Si alzò dalla scrivania e uscì rapidamente. Era frastornato parecchio e pensò che una nuotata gli avrebbe rischiarato le idee.
Camminò quasi di corsa fino alla sua spiaggetta, contornata di rocce che garantivano un certo isolamento, e si buttò nell’acqua fresca del mezzogiorno, cercando di stare sott’acqua il più possibile, proprio perché voleva essere completamente avvolto dall’acqua. Michele adorava il mare, e sapeva bene il perché. Il mare era per lui il ricordo inconscio del liquido amniotico, quando soggiornava nell’ambiente più accogliente di tutti. Mentre tu pensi “hic manebimus optime” dopo qualche mese ne sarai cacciato via con una violenza tale da non poterne nemmeno avere il ricordo. Mezzora stette in acqua, cercando di non pensare a niente e riuscendoci, anche se solo per qualche attimo.
Il silenzio della spiaggia e l’affollamento dei pensieri furono complici, e quando si svegliò era quasi l’una. Non era tardi ma voleva incominciare a lavorare come al solito, dieci minuti prima del dovuto. Quindi tornò al resort e passò un attimo in cucina, furtivamente, a prepararsi due spaghetti con le cozze, le melanzane e il pane grattato, neanche un etto di pasta, la dose “tipica” dei ristoranti.
Entrò in camera per prepararsi al lavoro e vide che il computer lampeggiava, segno che c’erano nuove mail non lette. Mancavano venti minuti alle due, decise che il tempo c’era.
Si sedette e lesse:
“Caro Miche,
vedo che sei sempre eguale, e che riesci a essere croce e delizia di te stesso. Gli avvenimenti del passato non sono riusciti a insegnarti niente, neanche ad essere un po’ più sereno e distaccato dai casi della tua vita.
In particolare, riguardo quest’ultimo, le parole che scrivi, ma soprattutto quelle che non scrivi, mi inducono a consigliarti di accogliere questa (e vedrai che non è l’ultima!) possibilità di avere finalmente trovato la donna “giusta”.
Comunque sia se non ti butti non lo saprai mai, e questa leonessa dalla criniera nera, mi sta già parecchio simpatica. Mandami una vostra foto”.
Adriano

Il suo amico riusciva molto bene nel fargli da specchio, e sapeva come scrivere le cose che lui si sarebbe voluto sentir dire.
Rispose solo con “OK, sarai il primo a sapere il seguito”.
Uscì, vestito con la sua candida divisa, e con dentro una consapevolezza nuova.



Nessun commento:

Posta un commento