Andiamo a incominciare

Basta fare un giro al mercato.
Già gli occhi si riempiono di colori, colori di pomodori e peperoni, caldi, rossi e carnosi come certe labbra che si offrono senza vergogna, ma anche caldi come il giallo di pani appena sfornati, sotto la cui crosta si indovina una tenerezza nuova.
E la verdura? ci offre tutte le tonalità dei verdi, che raccontano sommessamente di prati e di orti, innaffiati da uomini tranquilli in maniche di camicia, durante silenziosi tramonti.
Come si fa a non amare il cibo? Semplice, basta non amare gli umani.

mercoledì 25 giugno 2014

Gemistà

Ecco, abbiamo finito.
Ho fatto l'esame e dopo tre anni di grande divertimento sono “operatore dei servizi di ristorazione, settore cucina”. Tale e quale a quando sono diventato un medico: posso fare tutto ma non sono capace di fare niente, e, nel caso del medico, per questo motivo ancor più pericoloso, ah ah ah

Quando fai un esame è sempre un rito di passaggio fra un prima, di cui conserverai sempre il ricordo e soprattutto la nostalgia, e un dopo, che si presenta denso di cambiamenti, ma anche di timori.
Tanto io continuerò a esercitare la medicina, questo è palese. Solo che adesso non potrò più fare errori!!!!

L'ultima volta del mio “ristorante virtuale”, Chez Melàn, ho cucinato una cena solo di acciughe e il divertimento è stato tanto, e la prossima puntata, puntata 2, sarà una cena calabrese. Come vedete le idee non mi mancano......

Questa, quindi, è la prima ricetta del “nuovo corso”, quello del Cuoco a tutti gli effetti.
E' una ricetta che ho preso da Sale & Pepe di questo mese, e l'ho dovuta fare un paio di volte per farla venire come volevo io, con qualche modifica. Mi ha colpito la fantasia perché presenta un ristorantino come me lo sono sempre sognato io, un'osteria, seggiole di paglia, una veranda sul mar Egeo. Un posto da scapparci, anche se l'isola, Santorini, è forse una delle più turistiche.

Incominciamo dal nome: γεμιστά, i ripieni. Parola greca che i tedeschi hanno mutuato senza alcuna modifica: gemästet, infatti vuol dire rigonfi, ingrassati. Del resto chi sono i più famosi studiosi dell'antichità classica? I tedeschi, appunto: Mommsen, premio Nobel 1902, ha scritto la più conosciuta storia di Roma.
E anche nel mio piccolo universo anatomopatologico, i “gemistociti” sono cellule che hanno come caratteristica quella di apparire rigonfie.

Tanto bastava per mettere i γεμιστά nel mio blog.

La ricetta di Sale & Pepe se volete ve la andate a vedere sul giornale: è inutile che ve la racconti io.
Incominciamo a farci un bel riso pilaff come deve essere fatto: tostato con la cipolla,

sbattuto in forno con 1,7 litri di brodo per un kilo di riso e la bustina di zafferano nel brodo.
 L'ho fatto in padella, erano circa 4 etti, e sono stato così abile da fondere il pomello del coperchio lasciandolo nel forno, ah ah ah. Grande euge!

Ma il riso è venuto perfetto, e sgranarlo è stato un piacere (ebbene sì, mi contento di poco)


Poi ho preso 15 pomodori cuore di bue e, dopo aver tagliato il “cappellino” li ho svuotati del loro contenuto, che, dopo essere stato grossolanamente tagliato, è volato in padella con la cipolla di Tropea, ma non tanto, giusto il tempo di insaporirsi.

Nel mio pilaff ho aggiunto: i capperini di Pantelleria portati da Pantelleria (grazie E. & N.!!), le olive taggiasche, un po' di basilico fresco tagliato a striscioline. Olio abbastanza, sale e pepe. Poi ho aggiunto i pomodori e le cipolle.

Mescolai bene, con grande impegno e con la mano chiusa a cucchiaio, con la quale riempii i miei pomodori svuotati. Avrei potuto fare anche i peperoni così, ma mi piacciono più i pomodori.
Nel contenitore olio e vino bianco.
Eccoli pronti prima del viaggio in forno


Un'ora di forno a 180 °C basterà a far ammorbidire i pomodori.
Eccoli, gonfi come a loro è richiesto di essere per definizione......, fumanti



musica per festeggiare, se ve ne fosse il bisogno.



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